Don’t forget Winona: percorrendo la Route66 in Arizona

La Route66 è(ra) una strada calpestata negli anni da chissà quanti viaggiatori,  e, soprattutto agli inizi, i turisti erano decisamente pochi. In molti la utilizzarono per recarsi verso ovest in cerca di lavoro. La Mother Road “è” ed “era”: con alcuni tratti completamente persi ed altri che sono ancora lì, che tentano di resistere al tempo. Snodandosi lungo il paese, dall’Illinois alla California, ha portato con sè “vita”: lungo il percorso nacquero hotel, punti di ristoro, negozi e distributori di carburante. Ormai è uno dei tour più pubblicizzati per i viaggiatori che si accingono ad avventurarsi in un on the road negli Stati Uniti. Noi non abbiamo mai esplorato per intero la mitica strada ma ne abbiamo visti, spesso troppo velocemente, solo alcuni tratti. Per scoprirla al meglio, immergendosi nell’atmosfera rétro di un percorso che ha segnato un’epoca (o forse è stata quell’epoca che ha segnato per sempre la storia della Route?), si dovrebbe esplorare miglio dopo miglio, lentamente.

L’Arizona ospita uno splendido e lungo tratto di Route66, ed è seconda in questo solo al New Mexico: ben 388 miglia. Il nostro percorso è stato completato durante due dei nostri viaggi: da Flagstaff ad Oatman siamo stati nel 2015, da Holbrook a Flagstaff nel 2016: vecchi distributori, motel, diners, iscrizioni, cartelli stradali e tutto ciò che fa parte di un mito destinato a restare nel cuore, nella memoria e nei sogni di migliaia di viaggiatori.

La Petrified Forest National Park

Nessun altro parco nazionale comprende un tratto della Route66, e di conseguenza lo protegge. Entrare in quest’area scurpolosamente vigilata e preservata, regala agli occhi viste spettacolari: una delle più vaste e più colorate concentrazioni di legno pietrificato, i calanchi colorati del Painted Desert, mostre di fossili di oltre 200 milioni di anni e un edificio storico risalente al 1920: il Painted Desert Inn. L’area è gestita dal National Park Service, con tutti i benefici che ne conseguono, come ad esempio la possibilità di entrare gratuitamente se si ha il Pass Annuale. Forse le foto introducono visivamente quello che è tesoro per gli occhi: distese di terra, pietre e legno pietrificato dai colori così ben assortiti e assemblati da far restare senza parole, unica reazione il silenzio. Si resta ammutoliti di fronte a uno spettacolo così straordinario.

Holbrook

Holbrook probabilmente è nota al turismo di massa per essere la città dove si può dormire in un teepee (l’altra è in California), ma anche se oggi attraversando la cittadina colpisce quel motel con le stanze a forma di tenda indiana, quello che la rende veramente speciale è la sua storia, spesso immortalata sui murales, e l’essere così vicina alla Petrified Forest e al Painted Desert. Un tempo, tanto tempo fa, si attraversava solo a cavallo ed era conosciuta con il nome del Saloon che accoglieva i viandanti: Berardo Station. Pare che a parte Tombstone, probabilmente nessun altra città ha un passato così “colorito”, e come tutte le città di “quel West” che si rispettino era frequentata da giocatori d’azzardo, pastori, cowboy e uomini che lavoravano per costruire la ferrovia. Proprio in seguito alla costruzione della ferrovia divenne “Holbrook”, prendendo il nome di un responsabile della Atlantic and Pacific Railroad. Quella ferrovia permise alla città di crescere e di divenire la bella e importante cittadina che vediamo ora, e che è un po’ la porta d’ingresso a straordinarie attrazioni caratteristiche dei territori dei popoli Navajo e Hopi.

Geronimo Trading Post

Non lontano da Holbrook un altro simbolo della Route 66: il Geronimo Trading Post. I Trading Post sono una testimonianza storica: collocati spesso in mezzo al nulla, in tempi passati vi venivano scambiate merci, soprattutto con i nativi. Impossbile non entrare da Geronimo: il tronco pietrificato più grande al mondo e una quantità incredibile di oggetti e cimeli lo rende una tappa imperdibile.

Jack Rabbit Trading Post

Il Jack Rabbit Trading Post è considerata una delle principali attrazioni della Mother Road. Divenne famoso anche per i numerosi cartelloni pubblicitari con la sagoma della lepre che, lungo la Route66, indicavano quanto si era distanti dal Trading Post. Molto nota ai viaggiatori la frase sul cartellone nei pressi del negozio: “HERE IT IS”. Curiosità: la frase Here it is appare nel film Cars, solo che non è Jack Rabbit il personaggio sul cartellone, ma una vecchia auto.

Winslow

Una splendida giornata di sole e Winslow ci accoglie con il suo Remembrance Garden, un tributo alla memoria degli attentati dell’11 settembre. Risalta l’iscrizione “United we stand”, mentre le due travi di acciaio provenienti dalle Torri Gemelle sembrano quasi riprodurle in miniatura. Sventola, immancabile, la bandiera, che gli americani espongono ovunque con una devozione non comune, orgogliosi per la loro appartenenza a quella terra. Quella che vediamo qui, una volta era al Pentagono, mentre un’iscrizione ribadisce che mai si dimenticherà quel terribile atto: uniti si può vincere la paura del terrorismo. Proseguendo per le vie centrali l’atmosfera cambia, e improvvisamente si sentono risuonare le note di una canzone: senza alcun dubbio non può essere che il “pezzo” che ha contribuito alla fama di Winslow, Take it easy degli Eagles. Scritta da Jackson Browne e Glenn Frey, si riferisce ad un episodio accaduto allo stesso Jackson: diretto a Sedona (consiglio di leggere questo post, è una cittadina magica) un problema alla sua automobile, lo costrinse a fermarsi a Winslow. Mentre era fermo ad un angolo si accorse dello sguardo rivolto verso di lui di una ragazza bionda alla guida di un piccolo camioncino rosso. Ed ecco la storia perfettamente rievocata:

… standin’ on a corner in Winslow, Arizona
Such a fine sight to see
It’s a girl, my Lord, in a flat-bed Ford
Slowin’ down to take a look at me …

le statue di Jackson e Brown, il truck rosso nel murales alle spalle della statua e una finestra al primo piano dell’edificio dove si intravedono un uomo e una donna. Ma Winslow non è solo questo, è una città tutta da visitare: ridenti edifici che sembrano il riflesso del detto che gli abitanti si sono attribuiti con orgoglio, Winslow è The City of ten thousand friendly faces.

Twin Arrows

Il Trading Post Twin Arrows è desolatamente abbandonato dal 1995. Di proprietà del Twin Arrows Navajo Casino, si chiamava un tempo Canyon Padre Trading Post. Si può facilmente riconoscere in una delle immagini di Forrest Gump durante la sua corsa.

Winona

Non avevo mai visto Winona in foto. Appena arrivati ci siamo chiesti semmai il navigatore ci avesse portato nel posto sbagliato: non c’era proprio nulla. Ma eravamo proprio lì, a Winona e avevamo di fronte solo un ponte: il Walnut Canyon Bridge. Questo ponte sovrasta il torrente Walnut su un vecchio tratto della Route 66. Costruito nel 1924 come parte della strada Flagstaff-Winslow, servì il traffico della Route 66 fino al 1937 quando la Mother Road fu deviata verso sud. La città di Winona deve la sua notorietà soprattutto per essere citata nella canzone Route 66 di Bobby Troup, del resto non era poi così fiorente come molte delle altre cittadine. Dal 1988 il Walnut Canyon Bridge è stato iscritto dal National Park Service nel National Register of Historic Places.

Flagstaff

Flagstaff è la più grande cittadina in Arizona tra quelle sorte sulla vecchia US66, e il mito della strada passa quasi inosservato rispetto a un episodio che ha dato notorietà alla città,  una clamorosa scoperta che l’ha resa famosa nel mondo: da uno dei telescopi del Lowell Observatory venne identificato il pianeta Plutone! Era il 1930 e si era ben lontani da quegli anni di fine Ottocento che la videro sorgere e svilupparsi velocemente allo stesso modo delle altre località: anche qui tutto iniziò con un ufficio postale e la ferrovia, ma nella località prosperavano anche il commercio del legname e gli allevamenti di bestiame, cosa che contribuiì notevolmente alla sua crescita. Erano i tempi dei Saloon e dei fuorilegge, di quel tratto di storia assunto come mito dalle generazioni a venire. Ci sarebbe molto da raccontare su Flagstaff e il suo passato. Nella sua Downtown sono molti gli edifici storici puntualmente segnalati, e uno degli edifici più importanti è il Weatherford Hotel, in funzione dal 1897. Ha ospitato il pittore Moran (a lui dedicato il Moran Point del Grand Canyon) e altri noti personaggi. Prima di inoltrarsi per le pittoresche stradine del centro è consigliabile una tappa al Visitor Center, ricchissimo di materiale non solo di Flagstaff. Anche qui altra location di Forrest Gump durante la sua corsa: su North San Francisco Street, vicino dove incrocia East Aspen Avenue.

Williams

Arrivando ci si trova subito di fronte la stazione e il caratteristico Visitor Center. Che sia considerata la porta di ingresso al Grand Canyon, lo si intuisce dalla vecchia ferrovia. Ancora oggi, dal 1901, la ferrovia del Grand Canyon trasporta passeggeri lungo un percorso che da qui arriva fino al cuore del Parco, a soli 60 miglia più a nord. Fondata nel 1881, Williams prende il nome da un famoso cacciatore di pelli, esploratore e mountain man, Old Bill Williams. Inizia così il nostro salto negli anni ’50: empori, boutique, ristoranti, hotel! Ci perdiamo nelle grandi rivendite di gadget tipici della route, dove risuona in sottofondo la voce di Elvis. Curiosiamo nei negozi che vendono manufatti dei nativi e ci fotografiamo ad ogni angolo: vicino alla grande statua di Elvis, tra i personaggi più rappresentativi del West scolpiti nel legno, tra i vecchi distributori di Coca Cola. Nella zona chiamata Wild West Junction, molto caratteristica, c’è un hotel, il Drover’s Inn, dove le stanze sono arredate ognuna con una diversa ambientazione: The Movie Room, The Bordello, The China Camp, The Hacienda Suite e The Trappers Cabin.

Seligman

Viene indicata come la città dove è nato il mito della Route. Il suo centro, Historic District, è stato iscritto nel Registro Nazionale dei Siti Storici. Anche a Seligman sembra di tornare indietro nel tempo, e si respira nell’aria lo sforzo dei proprietari degli esercizi commerciali e degli abitanti nel voler presentare ai turisti di oggi l’aspetto della Mother Road di un tempo. Entriamo nel negozio di Angel & Vilma Delgadillo: un tempo era il negozio di un barbiere, oggi una delle attività commerciali maggiormente significative e importanti di tutto il percorso, anche se si potrebbe definire più degnamente un museo. Angel ha molto contribuito al processo di rilancio turistico di questo tratto di Route, e per questo è stato soprannominato “Il Sindaco della Mother Road” e anche “L’angelo custode della Route 66”. Chissà quante volte è stato intervistato, visto che non si contano gli articoli scritti su di lui nelle riviste, le sue collaborazioni a documentari e una sua intervista che ha contribuito a creare la storia della città Radiator Springs del film Cars.

Truxton

È un piccolo angolo con un motel in stato di evidente abbandono. Era sorto intorno al 1950, quando si prevedeva di costruire una diga sul Colorado, progetto poi caduto nel dimenticatoio. Da allora il motel è stato un punto di appoggio per i viaggiatori di passaggio. Pare che sia stato recentemente acquistato da un amatore della storica strada, quindi si attendono futuri restauri.

Hackberry

Nell’Hackberry General Store si vendono e si vedono i cimeli di Route. All’esterno tanti “pezzi storici”: vecchie auto, la pompa di benzina, il tutto in un’atmosfera retrò sicuramente singolare.

Kingman

Abbiamo visitato troppo superficialmente la cittadina. Ci siamo fermati pochissimo, giusto il tempo di vedere il treno e dare un’occhiata alle strade principali.

Sorprese su strada: Cool Springs Camp

Dirigendosi verso Oatman da Kingman si percorre la Oatman Road, che attraversa le Black Mountain. In alcuni tratti gli scorci sono notevoli. Ci fermiamo nei pressi del Cool Springs Camp, una volta importante punto di riferimento, con stazione di servizio, ristorante e cabins per il pernottamento. Consiglio una sosta, se non altro per vedere la buffa Rest Area e fare una foto sulla strada dove è impresso il simbolo della Route.

Oatman

Senza dubbio una meta famosa della Route, dove finisce il tratto più lungo della Mother Road originale in Arizona. Oatman, fondata nel 1906 circa, è considerata sia città fantasma, sia città simbolo dell’età dell’oro, sia emblema del selvaggio West, ed è così poco cambiata da come era alle origini. Le miniere della zona hanno prodotto oltre 1,8 milioni di once di oro e le ultime furono chiuse nel 1942. Uno dei motivi per cui è oggi famosa sono i burros, gli asini, che vagano liberi tra i turisti. Furono portati qui dai primi cercatori d’oro che li utilizzavano sia all’esterno che all’interno delle miniere. Poi quando tutte le miniere furono dismesse, vennero lasciati liberi nelle colline circostanti. Nei negozi vengono vendute carote da offrire ai burros, ma bisogna fare attenzione, non sono molto domestici e possono mordere! La città deve il suo nome ad Olive Oatman, una ragazza rapita nell’Illinois dagli Apache e portata fin qui. Da non perdere il Durlin Hotel, una rarità nella contea di Mohave essendo l’unico edificio “adobe” di tutta la contea. Costruito nel 1902, un incendio lo distrusse e per questo quello che vediamo oggi risale al 1924. Attualmente il nome che si legge è Oatman Hotel e noi abbiamo cenato proprio nel ristorante del piano terra: le pareti sono tappezzate da banconote da un dollaro, e così anche noi abbiamo contribuito con la nostra con tanto di firme! Chissà com’era quando Clark Gable e Carole Lombard si fermarono qui durante il loro viaggio di nozze (si sposarono a Kingman): pare che Mr. Gable si innamorò così tanto del posto che in seguito vi tornò spesso per giocare a poker con i lavoratori delle miniere che all’epoca popolavano la città.

Utile sapere che

Per chi è in camper: un sito dedicato al campeggiare in Arizona è CampArizona. Altrimenti si possono sempre prendere in considerazioni le utili ed economiche Walmart o altri siti dedicati (per ulteriori indicazioni leggere qui).
Quando andare?: le temperature medie mese per mese e le previsioni su currentesults.   
Siti utili: Visit Arizona

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